RANDOM DELICATESSEN
musiche brutte
mercoledì 22 agosto 2007
Long Long Chaney tribute

Da ieri, la trevigiana Long Long Chaney non esiste più. Niente per cui rattristarsi, per il semplice fatto che a sostituirla ci penserà una nuova etichetta chiamata – a quanto pare – Second Sleep, le cui prime uscite sono già dietro l’angolo. E però ugualmente mi dispiace, se non altro perché io, la Long Long Chaney, avevo cominciato a frequentarla solo da poco. Quindi mi sembra giusto celebrarne le gesta in extremis, raccontando di quelle poche uscite che conosco personalmente, anche se di altre mi riservo di parlarne (al solito) altrove.

Tre nastri, quindi. Il primo è un po’ vecchiotto (risale, se non sbaglio, alla fine del 2006), ma è il mio preferito e quindi non posso che cominciare da lui: il canadese Bob McCully, meglio noto come Women In Tragedy, è una specie di versione doom degli Skaters. “Daughters of Isolation” si apre con un lato A che è un guazzabuglio di voci e sfuriate noise in lontananza, registrato malissimo e per questo ancora più cattivo, piacevole come un dissanguamento forzoso. Il lato B parte come un mantra vocale che monta lento su spirali vieppiù rumorose, la grana diventa più spessa, i delay si allungano, e alla fine a restare è solo una nebbia malefica. In giro ho scovato paragoni con Xasthur e Leviathan, il che in fondo ci sta tutto: le atmosfere in fondo sono quelle, un’eco distorta di black metal passata in centrifuga e messa ad essiccare al buio, qualsiasi cosa voglia dire quanto appena scritto. Grandioso.

Knife City è un altro progetto da considerarsi concluso (il tipo, tale Brenden, è al momento impegnato come Drenches e suona anche in gruppi con nomi quali Caged Virgins, Abysmal Rain e Certain Failing). Il suo “Swoon Tree” è una prova abbastanza classica di pura power electronics old school: venti minuti di fischi e rimbombi, che se su un lato procedono per ronze tendenti all’infinito, dall’altro vanno molto più a singhiozzo, incartandosi in pause, spezzettamenti e balbuzie da giorno del giudizio. Brenden sostiene di essere influenzato soprattutto da Lasse Marhaug e Pain Jerk, ma secondo me un poster in camera di M.B. e Mathausen Orchestra ce l’ha.

E infine veniamo al padrone di casa, Kam Hassah. Delle tre cassette, quella a suo nome (“Heavy Curtains” il titolo) è quella che ascoltato di più. La musica di Kam Hassah è un soffio pesantissimo che pare fatto di nulla, tutto un fluttuare sottotraccia di fuliggine e polveri sparse, che per comodità potremmo ridurre alla voce “dark drone”. Va ascoltata a volume alto per comprenderne le trame e i giochi di ombre, eppure il sottoscritto preferisce tenersela in sottofondo, e anzi, posso dire che proprio in questi giorni – passati, per motivi che non sto a spiegare, a ripassare argomenti quali Kriminal, Umberto Lenzi e Antropophagus – è stata una colonna sonora ideale. Chissà se l’ex signor Longlongchaney, futuro mr Second Sleep, apprezzerà. Intanto date un’occhiata qui, se volete vederne le gesta dal vivo.

2 Comments:
Anonymous Anonimo said...
na slsk non mi funzio .
e ora come si fa

Blogger tisbor said...
long cock chaney