Per l’ennesima volta, i Mouthus fanno quello che hanno sempre fatto: improvvisano un po’ di tappeti senza capo né coda, sporchi e sgranati, mezzi tribali mezzi free, tra mugugni, muggiti, sgorbi semidrone ecc ecc ecc. Il suono dei Mouthus è, fondamentalmente, una poltiglia di effetti e scarabocchi a mano libera. Anzi no, più che una poltiglia è una fanghiglia, ecco. Una pappa, pure. Fate voi insomma.
Ho letto da qualche parte che “Follow This House” rappresenta per i due una specie di nuovo corso, di disco della svolta. Accidenti. Vai a vedere che sono io, a non capire le enormi differenze che corrono tra questa uscita targata Important e le vecchie cose su Troubleman, Three Lobed e così via. A me pare fondamentalmente che il duo stia bello e comodo dov’è, in quella corrente tutta immaginaria di pseudoimprovvisatori in no-fi che vede, ha visto e vedrà gli Skaters quali inarrivabile esempio di sintomo e patologia. Che c’entrano gli Skaters coi Mouthus? Niente. Infatti. E sia.
Greenmine, leggo dalle note allegate, è il progetto di Emanuele Bortoluzzi ovvero Kabu, già dietro ent-sound ecc. Questo “Ultra Rainbow”, dicevo, è innanzitutto un bell’oggettino, sia per il piccolo formato che per la copertina ad opera dello stesso Kabu, gentile e sfasata come la musica che contiene. Tutte e cinque le tracce sono state concepite ed eseguite esclusivamente su un Omnichord, di volta in volta distorto e effettato in vari modi. Cos’è un Omnichord l’ho imparato proprio ascoltando “Ultra Rainbow”, che prima chi l’aveva mai sentito: sostanzialmente si tratta di un vecchio strumento elettronico della Suzuki, pieno di bottoni e pulsantini sparsi, che lo fanno assomigliare più a un giocattolo che a un semi-synth o quello che è (in effetti sembra una specie di fisarmonica/Grillo Parlante, andatevi a vedere il sito).
Greenmine insomma smanetta sull’aggeggio e tira fuori una musica sgranata e non di rado droneggiante, lambendo passaggi harsh-ambient (…) e parentesi più propriamente noise; mai troppo molesto, il suono sa di ludico e scivola via avvolgente seppur disturbato, ed ecco qua che si ritorna all’inizio: sarà, ma mi sembra una musica perfettamente estiva, e a me infatti sta benissimo.
Solo 74 copie stampate, quindi fate un giro sul sito della Dokuro e magari date anche un’occhiata agli altri materiali proposti (per il momento fermi a un
Miracolo. Non avrei scommesso granché su questo cofanetto cassetta+cdr+dvd dei Demons, che poi altri non sono che Steve Kenney e Nate Young. Invece già il lato A del nastro, Sick by Water, è una piccola meraviglia che sposa Philip Glass e gli SPK, vale a dire una figura circolare di synth reiterata all’infinito, sotto la quale si agita tutto un campionario di effetti noise che salgono, scendono, decollano e atterrano. Il lato B in questo senso è più convenzionale: Life Destroyer è un tappeto venefico di drones ed echi elettronici di quelli che conosciamo bene, ma i livelli, incredibile a dirsi, sono tutto fuorché trascurabili.
Il cdr contiene invece tre tracce, tutte più o meno sui dieci minuti. Early Year sa di musica cosmica andata a male, tipo primi Tangerne Dream rovinatissimi, ed è una buona introduzione. Hellstorm è una cosa cafonissima, tutti beat industriali che cadono a picco, effetti harsh ma non troppo, phaser a manetta e sbudellamenti splatter. Sembra una versione spacey ed estremamente più asciutta degli Yellow Swans, se capite cosa voglio dire. Smoking Homes è un’altra prova per elettronica analogica mandata per lungo, moooolto industrial fine 70’s, e in definitiva anche piuttosto (ehm…) melodica.
Il dvd contiene un video di Alivia Zivich nel consueto stile ipnotico-neopsichedelico, tipo un’unica figura cangiante (sembra quasi una proiezione, a dire il vero) che di volta in volta assume forme, colori, contorni diversi. Musica dei Demons, ovviamente, e se vi piacciono alcune vecchie cose dei Forcefield, il video fa al caso vostro (potete vederne un estratto qui).
Che dire, il box nel suo complesso è ottimo (anche se a livello di packaging il giro AA non raggiungerà mai le vette di tanti altri colleghi “brutti”), e direi addirittura che la scelta di tenersi su distanze brevi (ma a pensarci bene, in totale siamo sull’ora di musica – mica scherzi), invoglia all’ascolto ripetuto, all’approfondimento, e al “ne vogliamo ancora”. Bella prova.
Peter Friel è il tipo di Chicago che sta dietro l’etichetta JK Tapes, e che sia un appassionato dell’universo Not Not Fun non ci sono dubbi. La sua prima uscita è questa doppia raccolta in cassetta che quasi per forza, visto il packaging e i nomi coinvolti, richiama all’occhio e alle orecchie la label di Los Angeles – e il sottoscritto non può che gioirne, figuriamoci.
Nello specifico, “JK Tapes
Il materiale è molto vario. La prima delle due cassette spazia dall’out rock con venature “no” (gente come Shearing Pinx e Silver Daggers, ma anche gli indimenticati Rose For Bohdan e i miei personali pupilli Child Pornography), a certo rock artistoide rovinato (Gowns, Panther), con in mezzo parentesi folk freak ma non troppo (Horse Head, End Springs, senza contare i Wolf Tracks), elettronica spastica (Scissor Shock, Nicholas Gitomer), stoner/metal o presunto tale (Goliath Bird Eater, New Grenada), e soprattutto una cosa a firma The Stomach Aches che pare un mongo-country elettroide.
Il secondo nastro è più schizofrenico. Sul primo lato a prendere il sopravvento è la componente si direbbe pop (c’è persino una cover di Snowball in Hell dei They Might Be Giants a firma Jacob Smigel), a metà tra canzonette folkie, pop-wave-punk indieggiante, country campagnolo e cantautorato intimista. I vari Sink Charter, Tent City ecc ecc rilassano, e a parte qualche zampata che non so se attribuire allo stesso Friel (che ha missato i brani tra loro partorendo ogni tanto qualche cacofonia involontaria), si tratta della mezz’ora che personalmente mi ha esaltato di meno. Sul retro invece è tutta una fila di dark droning elettronico, noise più o meno spinto, incazzature harsh, e firme-garanzia quali Kevin Shields e Haunted Castle.
Insomma, “JK Tapes