RANDOM DELICATESSEN
musiche brutte
mercoledì 3 ottobre 2007
Mok Nok - Slugstorm (Smittekilde, 2007)
Come esordirebbe la Signorina Stecchinese, “oh ciao, non ci sentiamo da un sacco”. Ma d’accordo, in Rete tutto è eterno, quindi passo subito alle “nuove proposte”, e chiudiamola qui (l’intro petulante, intendo).

Allora, parliamo dei Mok Nok. Che sono un gruppo di casa Smittekilde, per cominciare. Anzi, sono il gruppo di casa Smittekilde, sorta di laboratorio/etichetta danese tenuto in piedi da Zven, direttamente da Copenaghen. In catalogo solita tonnellata (abbastanza contenuta, invero) di fanzine, libri serigrafati, edizioni limitate, poster e – ci mancherebbe – pure qualche disco. Intanto però vi consiglierei di partire da quel piccolo capolavoro che è il libro dedicato al “cibo per gatti”. I nostri amatissimi amici felini (io ne ho tre, mia madre quattro, mio padre nove, giuro) in realtà non ne escono tanto bene: più che altro le illustrazioni li raffigurano come sgorbi mostruosetti anzichenò, e non parliamo del cibo in questione, un tripudio di scatolette che di stampa in stampa si trasformano in osceni blob color merda. Ma dovevamo parlare dei Mok Nok, giusto.

Dunque, il loro primo cd era un bell’esempio di pseudorock disarticolato con pure un’infamissima cover dei Velvet Underground. Questo secondo album, in rigorosa edizione vinilica, complica di molto la faccenda, fermo restando il mongolismo di base del duo (che oltre a Zven, contempla anche tale Soren).
Sostanzialmente si tratta di un freak-rock malaticcio e barcollante, che non infierisce mai e che piuttosto si tiene su binari weird-no-psichedelici, giusto per assecondare gli appassionati di lessico paramusicale. Certo, ogni tanto interviene qualche rasoiata a disturbare l’ascolto, ma la cosa interessante è che i brani sembrano sempre piuttosto “pensati”: forma e struttura degli stessi restano riconoscibilissime, l’improvvisazione occupa uno spazio si direbbe secondario, e a dominare è un sentimento stralunato, infantile, e un po’ acidello, ecco. Il paragone, sarà per la prossimità geografica, mi viene per esempio con l’ultimo Kemialliset Ystavat e relativo giro di assestamento finlandese: solo che qui il tutto è svolto in maniera “minore”, svogliata, direi pure dislessica. Gli strumenti sono abbastanza vari (oltre ai due Zven e Soren intervengono diversi altri collaboratori): violini e organetti accompagnano il consueto canovaccio chitarra/batteria, cosicché alla fine ne esce un suono colorato e piuttosto eterogeneo, che di tanto in tanto riesuma ascendenze kraute e pure qualche aspirazione free. La title-track in chiusura parte direttamente per la tangente Neu!, ed è anche il brano più lungo (dieci minuti), ma altrove affiora un chiaro spirito pop/sbilenco che fa di perle come Muzzleknines e Kuraku Naru Mae Ni dei piccoli anthem, perché no.

È un bel disco questo Slugstorm, veramente. Pensate, se ne è occupato anche Julian Cope.

In ultimo, tornando alle faccende private: chi è a Roma lunedì 8, non si dimentichi Spasticalia.

3 Comments:
Anonymous Anonimo said...
il collezionista di dischi

Anonymous Anonimo said...
la signorina stecchinese l'ha scoperta el gringo

Anonymous Anonimo said...
stecchinese was here.
vi lascio l'impronta Ooooo sono le 5 dita del piede